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Intervista: “Come si vive alle Svalbard” (seconda parte)

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Qualche tempo fa bbiamo intervistato Kjersti Ellen Norås, allora responsabile dell’Ufficio turistico delle Svalbard, di stanza a Longyearbyen e le abbiamo posto un po’ di domande su cosa significa vivere in cima al mondo, ad un passo dal Polo Nord.

Una bella intervista che ci fa conoscere meglio i mondi artici.

D: Potresti darci qualche informazione in più sulle isole Svalbard? Chi le ha scoperte e per quale motivo le persone hanno iniziato a trasferirsi qua su?

R: Le Isole Svalbard sono state scoperte dal navigatore ed esploratore olandese Willem Barents il 17 giugno 1596. Egli raggiunse la costa est della maggiore isola dell’arcipelago dove le montagne sono particolarmente aguzze e, proprio per questo motivo, chiamò l’isola Spitsbergen che in olandese significa appunto “montagne acuminate”.

Svalbard è invece il nome di tutto l’arcipelago e deriva dal norvegese antico che significa “coste fredde”.

A dispetto del clima artico e inospitale (al tempo la banchisa polare intorno alle isole era molto più estesa) l’arcipelago divenne presto famoso fra i cacciatori per via della grande quantità di balene, foche e trichechi che ne popolavano le coste.

Nel 1905, un americano di nome John Munroe Longyear scoprì che le montagne di Spitsbergen erano ricche di carbone e decise di iniziare l’attività di estrazione. Nel 1906 aprì la prima miniera e l’insediamento prese il nome di Longyear City. Quella miniera è oggi nota con il nome di “Amerikanergruva” che in norvegese significa “miniera americana”. Longyear aveva aperto l’attività convinto di poter fare facili guadagni ma si rese presto conto che la vita e il lavoro a queste latitudini erano molto più duri di quanto avesse preventivato e che, fra l’altro, non era semplice trovare minatori disposti a lavorare in condizioni così estreme. Nel 1916 decise quindi di vendere la miniera alla Compagnia Mineraria Norvegese, la “Store Norske Spitsbergen Grubekompani” che invece riuscì a portare avanti il piano d’espansione. I norvegesi iniziarono così ad arrivare dalla terra ferma per lavorare nella miniera durante il periodo estivo. Arrivavano con la prima nave in primavera e ripartivano con l’ultima nave in autunno (i fiordi infatti ghiacciano durante l’inverno e nessuna nave riesce ad entrare nella baia di Longyear durante questo periodo). Intorno all’industria mineraria si sviluppò una piccola comunità che oggi conta circa 2.100 abitanti e che basa la propria economia oltre che sull’attività di estrazione, sulla ricerca scientifica e sul turismo.

D: Qual è il clima dell’arcipelago?

R: climaticamente le Svalbard sono un esempio di deserto artico perché il livello di precipitazioni è inferiore ai 400 ml annui. L’umidità è sempre molto bassa, e il livello di precipitazioni sia piovose che nevose è decisamente inferiore a quello che la maggioranza delle persone si aspettano. In compenso però, abbiamo sempre un forte vento.

Per quanto riguarda le temperature, in estate possono variare da zero a 14° C (se siamo fortunati). l’inverno invece ci può regalare qualunque valore dai -5° ai -35° centigradi.

D: Sappiamo che durante l’inverno ci sono quasi due mesi di buio totale. La mancanza di luce ha influenza sulle persone e sullo svolgimento della vita quotidiana?

R: le Svalbard sono l’unico posto in Europa dove si verifica il fenomeno della notte polare. Da metà novembre a fine gennaio il sole si trova oltre i sei gradi al di sotto della linea dell’orizzonte, impedendo così il diffondersi anche della luce crepuscolare. Il risultato è che a mezzogiorno è completamente buio.

Alcune persone trovano difficile vivere con 24 ore di buio ma, personalmente, non mi dispiace. I due mesi passano in fretta con le festività natalizie di mezzo e l’aurora boreale che danza nel cielo del mattino. Credo sia semplicemente qualcosa a cui bisogna fare l’abitudine. Ho una figlia di 15 anni e per lei è un po’ più dura perché durante il periodo della notte polare è sempre stanca. Qualche anno fa la Philips fece un esperimento con l’illuminazione diurna. Qualunque cittadino di Longyearbyen registrato al progetto ricevette una lampada da giorno… fu davvero divertente e ritengo che in molti casi le luci siano state d’aiuto. Alla fin fine comunque conduciamo tutti una vita normale e aspettiamo semplicemente il ritorno della luce.

D: Ci si sente isolati a vivere alle Svalbard?

R: durante il periodo invernale ci sono dei giorni in cui gli aerei non possono atterrare a causa del cattivo tempo. In tali circostanze possiamo sentirci un po’ isolati ma tutti noi siamo sempre ben coscienti del fatto che viviamo in cima al mondo nell’artico più remoto e che queste cose, di tanto in tanto, possono capitare. Ad ogni modo non sono poi tanti i giorni in cui gli aerei non riescono ad atterrare e quindi, alla fine dei conti, non è un vero problema.

D: Per quale motivo hai deciso di vivere proprio in un posto così isolato?

R: sono affascinata dalla natura artica e lavorare nel turismo all’interno dell’ambiente artico è sempre stato un mio sogno… quando si è presentata l’occasione non ho saputo resistere!

D: Quali sono i principali insediamenti?

R: il centro principale è quello di Longyearbyen che conta circa 2.100 abitanti. Poi si sono l’insediamento russo di Barentsburg con circa 350 abitanti e le stazioni di ricerca Ny-Ålesund che hanno una popolazione residente che varia fra le 40 e le 100 persone in base ai differenti periodi dell’anno. Infine, anche la Polonia ha un proprio insediamento scientifico nel sud dell’Isola con circa 12 persone.

Gli unici luoghi visitabili per fini turistici sono comunque esclusivamente l’area di Longyearbyen e di Barentsburg, anche se non esistono strade che collegano i due insediamenti. In inverno si utilizzano le motoslitte mentre in estate ci si sposta con le imbarcazioni.

D: È difficile vivere alle Svalbard?

R: non lo trovo assolutamente duro; mi piace quassù!

D: Com’è per un bambino vivere in un luogo del genere?

R: ho fatto questa domanda ai miei tre figli. Ecco la risposta dei due più piccoli (dieci e otto anni): è davvero divertente durante l’estate ma in inverno è più dura perché dobbiamo mettere tanti vestiti pesanti che rendono difficile correre, saltare e giocare. L’estate è grande perché si può giocare con cose diverse che in inverno. Ad esempio si può andare in bicicletta o in barca… ci piace vivere a Longyearbyen.

Ecco invece cosa pensa la mia figlia più grande (15 anni): è ok, penso. A volte può essere difficile perché ci sono così poche persone qui e bisogna affrontare il fenomeno “tutti sanno tutto di tutti”. Non sappiamo quanto la gente si fermerà e dobbiamo confrontarci con un gran numero di persone che vanno e vengono. Alcuni decidono di trasferirsi ma poi non riescono ad accettare le differenze con la terra ferma e far fronte al buio invernate e alle dure condizioni meteorologiche e così, dopo poco tempo, decidono di andar via di nuovo. In inverno è fighissimo perché possiamo guidare le motoslitte e fare ice caving. Il posto è molto diverso da tutti gli altri che abbia mai visto ma mi piace vivere qui.

D: Come funziona l’assistenza sanitaria?

R: abbiamo un pronto soccorso e un piccolo ospedale. Tuttavia non c’è il reparto di ostetricia e ginecologia e così le donne incinte devono ritornare sulla terra ferma per partorire, a Tromsø o nella loro città natale.

D: Gli orsi polari rappresentano una seria minaccia per la popolazione locale e i turisti?

R: Hmmmm… si, qualora vengano provocati. In generale va però detto che gli orsi polari non vedono gli esseri umani come una fonte di nutrimento perché risultiamo decisamente troppo magri. Non abbiamo la giusta quantità di grasso e, per questo motivo, preferiscono cacciare le foche.

Tuttavia bisogna tenere presente che nel caso in cui vengano spaventati o si sentano minacciati possono diventare aggressivi. In estate, quando la caccia alle foce può essere resa più dura dalla mancanza di ghiaccio, può capitare che siano particolarmente affamati e, in questo caso, possono attaccare anche gli esseri umani.

D: L’ambiente è durissimo ma, allo stesso tempo, molto fragile. Che tipo di relazione sviluppano gli abitanti delle Svalbard con esso?

R: ciascuno di noi ha sviluppato un rapporto intimo e particolare con la natura. Siamo sempre consapevoli di ciò che facciamo quando siamo fuori nella natura artica e facciamo di tutto per preservare l’ambiente incontaminato. Sappiamo bene quanto esso sia fragile e cerchiamo sempre di educare anche i turisti. Un piccolo gesto, può avere ripercussioni per centinaia di anni.

D: Quanti turisti arrivan ogni anno?

R: Lo scorso anno abbiamo avuto circa 35 mila turisti, ma questo senza contare i crocieristi. Stanno solo per poche ore ma sono circa 44 mila.

D: Qual è la principale ragione per visitare le Svalbard? Che cosa cercano i turisti quassù e come reagiscono una volta sbarcati dall’aeromobile?

R: La natura magnifica e diversa che da modo di vivere un’esperienza unica. È qualcosa di diverso dal mare e le spiagge. Qui non ci sono alberi e il paesaggio può sembrare un po’ spoglio e nudo, ma abbiamo una geologia fantastica e le persone la trovano mozzafiato. Non è strano vedere persone assolutamente sorprese e rintontite appena scese dall’aereo nel piccolo terminal di Longyearbyen.

D: Qual è la migliore stagione per un viaggio?

R: il periodo in cui viaggiare qui è condizionato soprattutto a quello che si vuole fare. Le attività durante il periodo estivo sono molto diverse da quelle invernali. Per chi vuole andare in motoslitta, andare sulla slitta trainata da husky, fare ice caving o intraprendere lunghe spedizioni sciistiche, i mesi migliori sono marzo e aprile. Per chi invece preferisce andare in barca, andare in kayak sui fiordi, fare trekking o andare a cavallo sulle montagne allora il periodo migliore è luglio e agosto.

D: E invece gli abitanti delle Svalbard, dove vanno in vacanza?

R: qualche luogo caldo. Per molti di noi è frequente andare in Thailandia o alle Filippine. Io e la mia famiglia andremo a Parigi fra una settimana. Alcune persone amano il relax della spiaggia e del mare, altre preferiscono visitare qualche grande città. Entrambi le vacanze ci offrono comunque esperienza molto diverse da quelle che possiamo vivere qui a Longyearbyen.

Ringraziamo Kjersti per la disponibilità

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